La finale di Champion’s va disputata a Istanbul
L’operazione militare “Fonte di Pace”, condotta dalla Turchia nel nordest della Siria, entra di fatto nella prima settimana di combattimenti con le “Forze democratiche Siriane” (Sdf). Dal fronte provengono sporadiche immagini sgranate dei bombardamenti di artiglieria che la Turchia sta attuando nel territorio controllato dalle milizie. Lo scenario di guerra, a cui pochissimi giornalisti internazionali sono ammessi, lascia agli analisti politici l’interpretazione di ciò che avverrà nella zona nelle prossime settimane. Una cosa però è certa, le fonti dirette che ci arrivano dai luoghi di scontro hanno una luce molto flebile e non sempre sono attendibili.
L’esercito USA, garante dell’equilibrio già precario di quei territori di confine e delle sue popolazioni, ha avuto l’ordine dal Presidente Trump di abbandonare le postazioni, togliendo anche agli ultimi giornalisti embedded la possibilità di poter lavorare in relativa sicurezza nella zona.
A livello locale non mancano certo le dimostrazioni di vicinanza ai civili intrappolati nel tumulto del conflitto. Le manifestazioni contro la guerra scaldano di nuovo le nostre città. Ma chi sta a casa corre il rischio più subdolo, quello di trasformarsi nel veicolo inconsapevole di propaganda e di informazioni manchevoli. Per quanto necessarie, le manifestazioni di supporto verso le popolazioni oppresse non possono permettersi di veicolare esse stesse messaggi di chiusura, rendendo ancora più difficile il lavoro agli operatori dell’informazione.
La petizione “Diciamo NO alla finale di Champions League 2020 a Istanbul in Turchia” apparsa sulla piattaforma Change.org, è il manifesto perfetto di come questa politica, anche se di matrice progressista, si sia infilata la coda tra le gambe e abbia rinunciato ad essere un esempio virtuoso. In un mondo in cui solo pochi giornalisti hanno la possibilità di avvicinarsi alle zone di conflitto o di crisi umanitaria, un Parlamentare della Repubblica di uno stato membro dell’Ue, forte di tutte le garanzie offerte dalla carica, può e ha la responsabilità di fare molto, questo non è abbastanza. Ma questa manifestazione che va a discapito dello sport, vero campo di scontro ancora democratico, rischia di veicolare il messaggio che lasciare la Turchia ancora più isolata sia la strada migliore. Una Turchia lasciata da sola dall’Europa non può infatti che diventare facile preda della Russia di Putin.
Non è forse il vanto della nostra Europa quello di essere un esempio di cultura e di pace? “Portiamo la stampa europea in un paese in cui ai giornalisti viene dato l’ergastolo grazie alla Finale di Champion’s” non è forse un appello più adeguato e una battaglia più nobile per cui combattere? Quella partita di calcio rappresenta un’opportunità; è il Cavallo di Troia che manderebbe il segnale più forte possibile nel cuore di un paese che sta facendo strage di civili. Troia non sarebbe stata conquistata se gli Achei non avessero avuto condottieri degni di quel nome che, nel momento più difficile, presero la decisione meno scontata.